Credo che per cogliere le vere cronache di un congresso, per comprenderne il senso più profondo bisognerebbe piazzare una telecamera nella segreteria organizzativa. E da lì che nasce tutto, segreteria che diventa il quartier generale. Wikipedia lo descrive così:
In quei pochi metri quadrati, come dice la definizione “viviamo e risiediamo” per i giorni del congresso. Lì si prendono decisioni, si gestiscono gli imprevisti. Un corridoio pieno di scatole, vestiti, borse, libri che diventa e si trasforma a seconda delle esigenze in ristorante per pasti veloci, spogliatoio, sala riunioni, centralino telefonico. È lì che si nasconde la parte più intima di tutti noi. Il “nostro dietro le quinte” dove si ride, si urla, si piange, ci si lamenta del caldo, si raccontato barzellette.
Un’agorà dove nascono idee, confronti. Dove potersi raccontare. Dove potersi sfogare.
E’ da lì che si commenta tutto e lì si trova rifugio. Come fa una macchina di formula uno al pit stop, dopo aver corso si lascia abbracciare, si lascia mettere a posto dalla sua squadra.
Perché fare un congresso ti obbliga ad essere più persone contemporaneamente, ti porta ad utilizzare livelli di comunicazione, toni ed espressioni sempre diverse. Bisogna trasformarsi in pochi secondi. Si passa velocemente dall’inglese all’italiano, dal sorriso per i congressisti, al tono semi-arrabbiato con gli autisti che sono in ritardo. E poi ancora dall’imbarazzo di scegliere le parole giuste per parlare con esperti di economia, per poi essere coinvolgenti per gli studenti che ci danno una mano. E quando ci sente un po’ frastornati, bastano due minuti in quel corridoio per riprendere fiato.
La segreteria che diventa teatro dei nostri “Congress Awards”. C’è un premio per Miss e Mister Congress, uno per l’abbigliamento e l’altro per la richiesta più strana. Ma il premio più importante è il “Total Congress Award”. Ogni volta in un congresso, già nelle primissime fasi, già in ufficio, c’è un nome che rimbomba, che ritorna continuamente. Senza ragioni apparentemente ovvie. E’ quel nome che tutti conosciamo, e nessuno però si ricorda perché. E’ scientificamente provato in ogni congresso quel nome c’è. Ed è a lui che va il “Total Congress Award”.
Quella stessa segreteria organizzativa che alla fine della giornata si chiude con la stessa attenzione con la quale si chiude casa prima di partire per le vacanze.
Fare un congresso oltre che insegnarti a comunicare a più livelli, ti permette di guardare la tua città con gli occhi degli stranieri. Vuol dire soddisfare in primo luogo i partecipanti. Per comprendere le loro esigenze è necessario innanzitutto cercare di guardare con i loro occhi. Agire come se non conoscessimo la città. Guardare le cose come loro, come non napoletani. Ti ritrovi al Teatro San Carlo, per un concerto di musica classica per la cena di gala, guardi gli occhi degli stranieri, e capisci un sacco di cose.
Vedi Napoli…
Guardare così Napoli, guardarla senza preconcetti, senza le arrabbiature che solo i napoletani conoscono. Guardarla così in una sera d’estate, dopo una cena nel tempio della musica emoziona tanto.
La nostra città. I nostri colori. La nostra terra.
Napoli che, grazie al congresso, ho deciso di visitare. Si, quest’anno vado in vacanza a Napoli. Ho deciso di essere un turista nella mia città. Ho già organizzato tutto. Dalla prossima settimana sarò in ferie e ho un calendario fitto di cose da fare e vedere.
E a proposito di ferie, tutti noi di Effe Erre congressi auguriamo un buon agosto, per chi parte, chi resta o per chi, come me, decide di scoprire la propria città.
Giovanni Salzano