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Lavoro da remoto: il fenomeno del south working e dei nomadi digitali
Se ce lo avessero detto che circa 8 milioni di Italiani avrebbero lavorato dai propri salotti, in pigiama, o dressed up a mezzo busto per meeting virtuali e conferenze on line con i colleghi, non ci avremmo creduto. Ebbene l’ emergenza Covid-19 è riuscita a fare anche questo. Neppure il settore della Meeting Industry ha fatto eccezione. Lo smart working, di cui abbiamo parlato in un precedente approfondimento, ha fatto sì che si venissero a creare altre sotto realtà: parliamo del nuovo fenomeno del south working e dei cosiddetti nomadi digitali.
Lavoro da remoto: i lavoratori si dividono
Il concetto tradizionale del lavoro è ormai cambiato; fin dall’inizio dell’avvento del lavoro da remoto, si discute dei vantaggi e delle criticità di questa nuova modalità operativa. Molti non vorrebbero più tornare alla vecchia vita; ma lo smart working non è per tutti. Molte categorie professionali, sopratutto quelle artigianali, e così pure nel mondo degli eventi, hanno dovuto cambiare attitudine verso quelle che ora sono le condizioni lavorative. Nel comparto dei meeting e congressi, l’approccio sociale, che prima faceva da padrone, ora è ridotto a rapporti virtuali o nel migliore dei casi, a contesti ibridi. Questo ha non poco preoccupato i professionisti del MICE. Si è vero: riduzione in termini di tempo e stress negli spostamenti, dell’inquinamento, dei costi aziendali, maggiore flessibilità organizzativa, gestione smart del tempo, ma a quale costo? La perdita dell’ aspetto relazionale, del contatto umano ma anche la difficoltà di dividersi tra la vita professionale e quella personale. Per molti un cambiamento radicale ed improvviso al quale non erano pronti; una nuova routine da accettare e gestire.
Lavoro da remoto: nuovi scenari sociali
In questa nuova normalità, si sono venute a creare delle realtà sociali e lavorative, prima impensabili o quanto meno poco praticabili. Con l’isolamento forzato, arrivato con la pandemia da Coronavirus, e la chiusura delle aziende, sono nati degli scenari sociali che siamo certi, verranno studiati negli anni a venire, come nuovi fenomeni antropologici. Come ad esempio il south working, nato come conseguenza del nomadismo digitale. Le aziende, anche quelle di piccole e medie dimensioni, si sono rese conto di non poter più imporre dei limiti territoriali ai proprio dipendenti, e questo ha fatto sì che nascessero anche nuovi profili professionali; quelli digitali. I cosiddetti nomadi del web, lavorano dove vogliono, non necessariamente in prossimità della sede aziendale, bensì dove scelgono di vivere.
Cosa è cambiato a livello sociale?
Le grandi città, prima fulcro della vita economica e collettiva, si svuotano. Una moltitudine di giovani e meno giovani hanno fatto ritorno nei propri luoghi di origine, per lo più al sud o centro Italia; che negli anni addietro si sono letteralmente spopolati a causa della disoccupazione e della disorganizzazione del contesto lavorativo. Perciò ora, ritroviamo piccoli borghi, prima dimenticati, riportati a nuova vita; grazie a coloro che hanno scelto di tornare in questi territori ma continuando a lavorare, appunto in remoto, per realtà aziendali situate geograficamente nel nord del Paese. Un cambiamento senz’altro positivo per molte realtà meridionali che ne hanno beneficiato non solo dal punto di vista economico, con l’incremento della spesa locale, ma anche in termini di identità e coesione sociale. Insomma una volta tanto hanno vinto proprio tutti!