
Napoli: Aria e Terra
18 Maggio 2011
Momenti di Trascurabile Felicità
22 Giugno 2011Monica Riccio, classe 1988, giovane e sorridente è una delle ragazze del team delle nostre hostess.
Una montagna di ricci ad incorniciare quegli occhi magnetici e lucidi che hanno voglia di raccontare, di cantare, di suonare.

In tailleur rosso accoglie i nostri congressisti.
Monica Riccio è una cantautrice e una compositrice. Racconta e dà voce e musica ad una una Scampia diversa, forse la vera, lontana dall’immagine che tutti noi abbiamo, distante dalle piazze di spaccio e dal sangue della camorra.
Abbiamo deciso di incontrare Monica Riccio in un assolato pomeriggio di maggio esattamente dove la sua musica prende vita, dove nascono i testi delle sue canzoni. Seduti sugli scaloni di una desolata piazza Giovanni Paolo II, nel cuore di Scampia, dove il Centro Territoriale Mammut, un associazione di volontariato, sembra dare colore ad un panorama fatto di cemento, li dove svettano le Vele di Secondigliano.
Le cinque in punto, un saluto ai tanti bambini e ai volontari del Mammut (di cui Monica fa parte) e subito Monica comincia a raccontare della sua terra, di quei bambini, della volontà di non togliere i bambini dalla strada ma di dare una strada ai bambini del quartiere.
Comincio a fare qualche domanda che sembra superflua perché tutto quello che volevo sapere è li sotto i miei occhi. Vedo la passione, l’onore e la bellezza e di fronte a questo le parole, per me che non sono uno scrittore, perdono il senso e diventano difficili da trovare.
La biografia presa dal suo myspace da il via alla nostra chiacchierata.
D: Quanto Scampia ha segnato il tuo percorso?
R: I murales di Scampia sono stati per me l’ispirazione primordiale. Felice Pignataro, artista muralista di Scampia è stata la figura che violentemente ha segnato l’inizio del mio percorso. Felice era l’artista del quartiere. Ero alle scuole elementari quando lui arrivava in pieno inverno in zoccoli per promuovere il Carnevale di Scampia. Era un idea per dare una festa popolare e un conseguente spirito di appartenenza al quartiere dal momento che il popolamento di Scampia, dopo il terremoto dell’80, aveva portato le persone di altre parti di Napoli a vivere qui. Ero affascinata da lui, dai suoi murales, dalla sua voglia di cambiare le cose. Dal suo modo non convenzionale di comunicare e di arrivare a dire cose e promuovere idee che altri non riuscivano a fare. La sua filosofia si basava su una opera del pittore spagnolo Francisco Goya di fine 700: “Il sonno della ragione genera mostri”.
D: Resto abbastanza colpito dalla passione e dal trasporto con cui parli di quest’artista.
R: Per capire di più consiglio la Canzone “ Felice” degli A67, anche loro un gruppo di Scampia abbastanza famoso. La canzone descrive bene la vita di Felice.
D: Quando cominci a suonare?
R: Ero piccolissima, avevo 10 anni, e vincevo la mia timidezza con una chitarra di mio cugino più grande. Poi qualche anno dopo ho avuto la mia prima chitarra. Mentre mio padre ascoltava i Led Zeppelin, Bob Marley, Pino Daniele e a casa la stereo mandava Deep Purple, i Queen e i Dire Straits, io suonavo e provavo a canticchiare. Poi arrivata al primo anno di liceo, dopo avermi ascoltato nelllo spettacolo teatrale di fine anno scolastico un gruppo mi propone di cantare con loro e da lì comincia la mia avventura nella musica. Prima con i Totem e poi con i Faithful e infine con i Nocturna. Tutta l’adolescenza a ritmo di rock che mi ha portato a 17 anni, con i Faithful, nel 2006 a Bologna da Red Ronny al famoso Roxy Bar. Un avventura pazzesca, il mio primo viaggio e lo facevo “con e per” la musica. Poi arrivano vari concorsi come il Pansini Rock Contest, il We Rock, che mi insegnano a stare sul palco e a trasformare la timidezza in energia musicale.
D. Con i Motus fai anche un esperienza a teatro.
R: “Ics* racconti crudeli della giovinezza” era lo spettacolo di una compagnia di teatro sperimentale di Rimini che ci ha portato in tour per tutta Italia . Un esperienza unica, intensa che mette in scena quel difficile frangente di vita che è l’adolescenza, ed in particolare quella vissuta nelle grandi città, nel caso di Ics.04 la città che fa da sfondo è Napoli e della sua periferia. Questo lavoro si propone di dare uno sguardo diverso da quella Napoli troppo spesso banalizzata nell’immagine di violenza e criminalità, mediante registrazione di un vissuto di parole e immagini che restituisce invece tentativi di essere, di fare, di reagire artisticamente al “deserto creato dagli adulti”.
D: Poi cominci come solista e anche li arrivano molti premi.
R: Comincio a cantare da sola i miei pezzi. “Turnà” vince come miglior testo ad una Canzone per la Pace 2009. Anche “ Utopia” vince il primo premio per il concorso Capatosta e l’ultimo premio arriva qualche giorno fa con il brano “Domenica Mattina” che ha vinto il contest “Una canzone per la Pace 2011”.
D: Cantautrice, compositrice e musicista. Ma come nascono tuoi testi?
R: Spontaneamente. Non lo so. E’ il mio modo di parlare, di descrivere i miei pensieri. Nasce prima la musica. Solo attraverso le note riesco a spogliare e criptare quello che ho dentro. E’ l’unico modo che ho per parlare di me, di raccontarmi. Non ho mai scritto d’amore in senso generalista ma ho parlato dell’amore per la mia terra nella canzone “Turnà”, dove racconto della nostalgia di chi è lontano.
D: Canti e scrivi in inglese, in italiano e anche in napoletano. In quale lingua ti senti più a tuo agio?
R: Cantare in inglese mi proteggeva, mi teneva lontano da tutti. Era la mia timidezza che cantava in inglese. Poi studiando la filologia e la linguistica all’Università ho amato ancora di più le mie lingue di origine: l’italiano ed il napoletano. L’amore per l’italiano e per il napoletano e la voglia di vincere le mie paure, le mie timidezze mi portano adesso a non cantare più in inglese.
D: Utopia è il titolo di una tua canzone e anche la tua mail. Cosa significa per te Utopia?
R: E’ un sogno realizzabile. Utopia è un non luogo, che può materializzarsi, che può diventare realtà se si vuole. Magari un posto che non raggiungerai mai, ma solo il fatto di crederci, solo il viaggio per raggiungere questa Utopia da il senso del presente.
D: Una frase di una tua canzone : “tra luce e oscurità”. Qual è la tua luce, qual è la tuo oscurità?
R: La luce è quello che ho adesso, quello che vedo. L’oscurità sono le cose che non vedo, da scoprire. Una stanza dove ancora devo accendere la luce… Ma io non ho paura del Buio.
D: Progetti per il futuro?
R: Sono in studio di registrazione per il mio album dal sapore indie folk. Un album ricco di contaminazioni, pieno di racconti. Dove il mondo esterno si scontra e mescola con tutto quello che ho dentro. Racconterò della mia storia, della mia musica. Canterò di quello che ho visto, quello che vedo e quello che spero di vedere domani.
L’invito a vedere mi spinge spontaneamente a guardarmi intorno, a guardare quella piazza di cemento armato . Una scritta enorme sopra le colonne che decorano la piazza:“ Quando la Felicità non la vedi, cercala dentro”.
E poi Monica Riccio mi racconta di altra scritta all’uscita della metropolitana: “Basta Crederci e a Scampia trovi un mare di bene”. Scritte che dopo questa chiacchierata e dopo aver visto e conosciuto un po’ meglio Scampia, senza i condizionamenti dei mass media mi sembrano inutili, paradossalmente quasi offensive. Io non ci ho creduto, io non mi sono dovuto guardare dentro. Io la felicità e il mare di bene l’ho visto, toccato in questo pomeriggio di sole. Nelle parole di una giovane artista piena di talento che mi raccontava della sua infanzia,negli occhi dei ragazzi dei Mammut. Nel sole che illuminava i sorrisi dei tanti bambini che giocavano li. Monica condivide i miei pensieri e quasi mi urla che Scampia è anche sole, anche musica, anche speranza.