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24 Luglio 2020Riqualificazione aree industriali dismesse: nuova vita per lo Spazio Eventi
Quando lo Spazio Eventi abbraccia il territorio e la comunità; riqualificare aree industriali o extra urbane dismesse porta benefici non solo economici, in termini di riuso, ma anche di sostenibilità ambientale e sociale. Vediamo come si sviluppa l’idea e quali siano gli esempi virtuosi nel Mondo e nel Bel Paese.
Riqualificazione aree industriali dismesse: quando nasce una location
Negli ultimi decenni, a causa dei cambiamenti dei processi produttivi delle industrie, soprattutto in paesi più avanzati quali Europa Occidentale e Stati Uniti, si è verificato un progressivo abbandono delle attività industriali primarie, in favore di produzione più tecnologiche.
Questo processo ha fatto sì che molte aree, di dimensioni anche estese, non fossero più utilizzabili allo scopo; le conseguenze sono tra le altre, strutture e capannoni dismessi, lasciati in stato di abbandono e degrado. La criticità sta nel fatto che spesso, queste aree si trovino in zone ad alto valore strategico per lo sviluppo delle città e del territorio circostante; con un notevole impatto anche sulle condizioni sociali delle comunità locali. Perciò è fondamentale attuare piani di recupero di queste aree non soltanto per le ricadute di carattere economico e sociale, ma anche per uno sviluppo urbano sostenibile. Ovviamente tutto questo richiede specifiche metodiche e tecniche operative; coinvolge tecnici, progettisti, amministrazioni, ma anche i cittadini stessi, nonché un lavoro di sinergie tra enti pubblici e privati.
Lo scopo è poter dare una seconda vita alle industrie dismesse e metterle al servizio di quello stesso territorio sul quale hanno operato. Dargli una nuova identità, e perché non trasformarle in uno Spazio Eventi. Riqualificazione aree industriali dismesse significa dare un futuro diverso e un nuovo valore al territorio.
Riqualificazione aree industriali dismesse: le soluzioni possibili
Un’ idea sarebbe trasformare l’area in questione in ciò di cui ha bisogno il territorio in quel momento, grazie a bandi, piani e appositi strumenti urbanistici. Le soluzioni possono essere diverse; ad esempio per dare flessibilità al territorio è sicuramente calzante il Temporary use, cioè un uso temporaneo degli spazi. Mediante questa strategia di riuso è possibile usufruire dell’area per l’organizzazione di manifestazioni musicali, fiere, grandi convention, insomma per eventi di grandi numeri; spesso a causa di questo difficilmente collocabili.
Un’alternativa altrettanto interessante è l’archeologia industriale, ovvero il filone di studi che attraverso discipline, quali pianificazione urbanistica, ingegneria e tecnologia, va ad analizzare la storia del passato e del presente industriale. Per cui si parla di recupero e valorizzazione della storia industriale attraverso la creazione di spazi museali e dedicati alla cultura.
La soluzione giusta per tutti i territori non esiste, ogni realtà differisce per le proprie complessità; ma già dagli anni’60 questa è la strada scelta. Un vero e proprio riciclaggio di magazzini e stazioni trasformati in centri a forte valenza sociale, centri espositivi, poli di riferimento per l’arte e la moda, fabbriche e laboratori di cultura. Le chiamano officine di sperimentazione in cui artisti emergenti e giovani appassionati danno libero sfogo alle loro creazioni; come nuove forme di espressione e future correnti artistiche.
Ad oggi sono in continuo aumento i progetti per il recupero degli spazi industriali in cui troviamo le firme di grandi architetti chiamati a partecipare e mettere a disposizione delle città un po’ della loro arte.
Modelli di riconversione virtuosi
Sono diversi gli esempi di aree dismesse riqualificate e trasformate in spazi e location per eventi. Uno su tutti è sicuramente quello della città di Bilbao, nei Paesi Baschi, che in passato ha affrontato il declino dell’industria metallurgica e navale; una crisi che l’amministrazione ha deciso di affrontare con una scelta consapevole e coraggiosa. Scelta che ha portato alla nascita del Guggenheim Museum di Frank Ghery. L’ intera area è stata riqualificata e restituita ai cittadini di Bilbao; una strategia vincente se si pensa che il solo museo generi un profitto a 9 cifre. A cosa è dovuto il successo? Alla perfetta integrazione tra l’architettura della città e della struttura museale, che ha saputo trasformarsi nel simbolo della riqualificazione della città, regalando benefici anche alla sua vocazione turistica.
Proseguendo sempre in Europa troviamo la cara vecchia Londra; tra i tanti progetti attuati c’è il modello del Bankside, sede della Tate Modern, che da area profondamente segnata dal degrado sociale è divenuta luogo dedicato alle arti e allo spettacolo. In chiave di sostenibilità ambientale e territoriale fa fede il caso di Ruhr in Germania, che da fulcro dell’industria siderurgica e mineraria è diventato un virtuoso esempio di recupero dell’ identità industriale del luogo, di cui si sono mantenute le originali forme architettoniche, e con il quale è stato possibile restituire alla comunità nuovi spazi pubblici.
Ma quali sono gli esempi in Italia?
Anche da noi non mancano gli esempi di recupero e riuso di ex aree industriali dismesse; è il caso di Torino, città che ha sostenuto diversi progetti di questo tipo, tra cui quello del Parco Dora. Ovvero di una delle più grandi aree dismesse della città, situata nella periferia a Nord di Torino, dove un tempo si concentrava l’intera industria manifatturiera. Il progetto realizzato tra il 2008 e il 2011, ha realizzato un ponte di legame tra la città e la storia del luogo; ha mantenuto il suo carattere industriale, ma ha pure strizzato l’occhio all’aspetto green dando vita al suo interno al Museo sull’ ambiente.
Ci spostiamo a Firenze con il progetto di riconversione dell’ex stazione Leopolda; area risalente alla prima metà dell’800 unica nel suo genere e protetta per il suo valore storico-artistico. Tutta l’area, suddivisa tra la Stazione Leopolda, lo Spazio Alcatraz e il grande piazzale esterno, è diventa una vera e propria location di eventi; ospita manifestazioni culturali, mostre, rassegne d’arte e di architettura, sfilate, concerti e spettacoli teatrali, convention di prodotti e di servizi innovativi, degustazioni eno-gastronomiche, location set televisivi e meeting aziendali.
Sorge a Milano, tra l’area industriale di Pero, l’aeroporto di Malpensa e il polo fieristico di Rho, l’ex area metallurgica La forgiatura; nuovo centro polifunzionale dedicato alla moda e al design. L’intervento che ha interessato un ingente investimento è un esempio importante di riqualificazione di aree industriali che ha cambiato la propria destinazione d’uso adeguandola al contesto urbanistico rispettoso dell’ambiente e compatibile con le esigenze della città e dei suoi abitanti.
Scendendo verso Sud troviamo esempi di riconversione e riuso anche in Sicilia, a Catania, con l’ex deposito di arance abbandonato divenuto fabbrica creativa; e il Centro fieristico le Ciminiere, un complesso polifunzionale ricavato dalla riconversione di edifici industriali per la raffinazione dello zolfo estratto dalle miniere siciliane. Ma anche in Campania, nella nostra bella Napoli, non mancano modelli virtuosi di riqualificazione industriale.
Il principale esempio è ben rappresentato dall’ ex area industriale, ora trasformata in Museo e Centro Congressi, Città della Scienza; nata da una vecchia fabbrica di concimi chimici, prima sotto il marchio Federconsorzi, da cui è nato il primo museo italiano interattivo di divulgazione scientifica sull’esempio del Parc de la Villette di Parigi. Inoltre il museo ha uno tra i centri congressi campani più capienti con un Auditorium da 800 posti, sale parallele con laboratori didattici e percorsi di apprendimento, spazi espositivi per fiere e convention, spazi all’aperto per spettacoli e manifestazioni anche di grandi numeri. Altro modello di successo, nell’ottica di riqualificazione e riconversione, è il Museo Nazionale Ferroviario di Pietrarsa. Questo gioiello appartenente al Patrimonio Ferroviario della Fondazione FS Italiane, da area esclusivamente industriale dove si fabbricavano treni fin dai tempi di Re Ferdinando II di Borbone è diventato negli ultimi anni il fiore all’occhiello dei centri espositivi del Sud Italia e non solo. Una delle più grandi location di esposizione di locomotive d’epoca d’Europa, che ogni anno attira appassionati e curiosi. Da diversi anni poi il museo si è aperto anche al mondo MICE, con spazi congressuali e aree utilizzate per eventi culturali, kermesse musicali e altri eventi di intrattenimento sociale. Da menzionare anche, nella periferia di Napoli Est, zona un tempo degradata e spesso problematica, il moderno polo universitario della Federico II di Napoli con San Giovanni a Teduccio; centro realizzato nell’ex stabilimento Cirio. Se volete saperne di più sulla location date un’occhiata al nostro approfondimento nella sezione dedicata del Blog.
Insomma…
… si cerca di non demolire, ma di recuperare il più possibile. Questa nuova mentalità o moda in certi casi è diventata conveniente e remunerativa; tale rilevanza si spiega anche con l’integrazione nel 2008 della tutela del patrimonio industriale nel Codice dei Beni Culturale. Le modalità di riuso e di valorizzazione sono diverse, ma un modello più di tutti è particolarmente riuscito. Quello della Fabbrica culturale e creativa.
Scheletri di cemento e acciaio, luoghi prima considerati un problema da risolvere, ora diventano un’opportunità di sviluppo e di crescita per il territorio e le comunità; motivo di vanto e orgoglio per le città che si riappropriano dei loro spazi, e così pure noi. Strutture che spesso abbandonate all’ incurie e luogo di attività criminose diventano il fulcro del territorio e polmoni verdi per la città.







